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La sessualità secondo il Cardinale Biffi

Ultimo Aggiornamento: 21/11/2008 14:58
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Sesso: Maschile
21/11/2008 14:58

Biffi contro i luoghi comuni

Esce per i tipi di Cantagalli "Pecore e Pastori", le riflessioni del cardinale arcivescovo emerito di Bologna, che definì "sazia e disperata".

Giacomo Biffi, cardinale già arcivescovo di Bologna, l’"enfant terrible" della Chiesa italiana, sta per farlo di nuovo: cioè provocare discussioni e polemiche con un suo libro. "Pecore e pastori", per Cantagalli Editore, in uscita oggi, se la prende con i luoghi comuni del cristianesimo nostrano. Nel 1969, quando era ancora parroco scrisse un pamphlet ironico dal titolo "Quinto Evangelo", in cui fingeva la scoperta di un nuovo testo sacro, che avrebbe corretto nel senso del politically correct i vangeli canonici. Nel 2000 dichiarò in una conferenza a Bologna, che l''Anticristo è vivo, ed è un filantropo ben dotato di mezzi, attivo nel promuovere idee positive come l''ecumenismo, il vegetarianesimo e il pacifismo. Il cardinale ripropose questa tesi durante le "meditazioni" predicate durante gli Esercizi Spirituali quaresimali alla Curia romana e a papa Benedetto XVI il 15 marzo 2007. In un’altra occasione propose che il Governo italiano favorisse l''immigrazione cristiana, nei confronti di quella per giungere a un’integrazione meno problematica nel Belpaese. "Pecore e Pastori" non è un libro compromissorio. Basta leggere che cosa si scrive sull’omosessualità: «Riguardo al problema oggi emergente dell’omosessualità, secondo la concezione cristiana bisogna distinguere il rispetto dovuto sempre alle persone, che comporta il rifiuto di ogni loro emarginazione sociale e politica (salva la natura inderogabile della realtà matrimoniale e familiare), dalla doverosa riprovazione di ogni esaltata "ideologia dell’omosessualità"». Il porporato è convinto che «l’estromissione del Creatore - fino a proclamare grottescamente la "morte di Dio" - ha avuto come conseguenza (e quasi come intrinseca punizione) un dilagare di un’ideologia sessuale aberrante, ignota (nella sua arroganza) alle epoche precedenti». E d’altronde scrive Biffi, «La nostra epoca è dominata e afflitta da una specie di pansessualismo. Il sesso è continuamente chiamato in causa: non solo negli enunciati sociali e psicologici, non solo nelle molteplici espressioni di arte e di cultura, non solo negli spettacoli e negli intrattenimenti; persino nei messaggi pubblicitari non si può fare a meno di evocarlo e di alludervi. Abbiamo talvolta l’impressione di essere condizionati e intrigati da una misteriosa accolta di maniaci che impongono a tutti una loro degenerazione mentale. Sono gli stessi che non mancano mai di definire bigotti e bacchettoni quanti non si lasciano convincere dalle loro elevate argomentazioni». Ce n’è per tutti, e non mancano sferzate all’ipotesi (reale altrove) delle donne sacerdote e vescovo. Biffi ricorda che «Tutte le Chiese degne di questo nome, in Oriente e in Occidente», hanno solo sacerdoti maschi; e sbaglia chi ritiene che «Gesù si sia attenuto a questa linea di azione perché condizionato dalla cultura maschilista del suo tempo». Ma, sostiene il cardinale, Gesù ha avuto il coraggio di andare contro costumi e modi di pensare tradizionali e consolidati, e se avesse voluto avrebbe potuto essere innovativo anche in questo campo. «Possiamo pensare che, se avesse per assurdo chiesto il parere al nostro tempo, si sarebbe sentito suggerire di scegliere sei uomini e sei donne: ogni diversa distribuzione avrebbe contraddetto il principio delle "pari opportunità" tra i due sessi. Ma non si è preso la briga di chiederlo. Anche su questo argomento, come su ogni argomento, bisogna che ci decidiamo: o stiamo col "mondo" che ci intima di essere "politicamente corretti", o, senza preoccuparci affatto di essere "politicamente corretti", stiamo col nostro Maestro e Salvatore". E non manca una sferzata "politically correct" ecclesiale: «A richiamarsi assiduamente alla "povertà" e a decantarla con entusiasmo sono proprio i cristiani benestanti e gli uomini di Chiesa di estrazione borghese, che non hanno mai avuto modo di farne personalmente qualche esperienza: ai veri poveri invece di solito non viene neppure in mente di esaltare la loro condizione e di farne un ideale di vita». A ottant’anni compiuti Giacomo Biffi graffia ancora...

(da LASTAMPA.IT )
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