STATI UNITI. COSA SPINGE I GAY A SPOSARSI? "Nella stragrande maggioranza dei casi in America le "coppie gay che scelgono di legalizzare la propria unione sono di origine europea" di Benoit Denizet-Lewis Tesoro, saremo anche sposati ma sappiamo ancora spassarcela, no?». Riprendendo fiato dal fitto chiacchiericcio degli ospiti stipati nel suo appartamento - una ventina di persone messe insieme per una serata improvvisata con sushi a profusione Joshua Janson, un giovane di 25 anni magro e dal volto da ragazzino, sorride a suo marito Benjamin McGuire, un coetaneo dal piglio decisamente più compassato. Mentre, intorno, la passione per l'alcol comune a gay ed etero contribuisce a scaldare l'atmosfera. Benjamin, elegantissimo nei suoi pantaloni di velluto verde, golf a rombi e camicia a righe, mi dice: «Una volta sposate, molte coppie etero cadono in una specie di letargo». Loro, invece, a tre anni dal matrimonio, si sentono ancora innamoratissimi. Praticamente «la dimostrazione fisica del fatto che gli opposti si attraggono». Joshua gli dà un bacio sulla guancia. «No, amore, questo accade soltanto ai tuoi genitori». Ma Benjamin non è convinto. «Accade a molte persone... Penso che...». Suo marito Joshua lo interrompe: «Io voglio bene ai tuoi genitori, ma mi spaventa pensare che se dovesse accaderti qualcosa, se tu finissi in ospedale, toccherebbe a tua madre prendere delle decisioni». Poi, mi guarda con una smorfia diabolica. »Che ci provasse! Le direi: "Donna, allontanati dal mio uomo!". Ho 24 anni, sto con Ben da tanto tempo e siamo sposati da tre anni. Penso di essermi guadagnato il diritto - la responsabilità - che deriva da questo». Benjamin ridacchia e osserva: «Hai 25 anni, non 24». «Oh, signore», dice Joshua, con lo sguardo di chi ha appena ricevuto un colpo inaspettato. «Continuo a dimenticarmi di avere 25 anni. Forse mi sto disperatamente aggrappando alla mia giovinezza...». Afferra il braccio di Ben. «Tesoro, sono così banale?». Benjamin scuote la testa. «Quando a 22 anni ti sposi con un uomo, non puoi essere banale».
Sette anni fa, quando si conobbero, avevano fatto coming out solo di recente, e di certo non pensavano a sposarsi. Benjamin, matricola alla Brown University, si era accorto di essere attratto dagli uomini durante l'ultimo anno di liceo, ma all'università aveva cercato di togliersi quest'idea dalla testa. Flirtava con le studentesse e si faceva grandi bevute insieme ai suoi amici etero. Fino a quando "uscire allo scoperto" non cominciò a sembrargli inevitabile.
Anche Joshua, all'epoca matricola al Curry College, aveva ammesso di essere gay solo di recente. Ma, a differenza di Benjamin, da tempo aveva rapporti sessuali con ragazzi.
Al liceo era un tipo socievole, apprezzato e protetto dalle ragazze più popolari della scuola. E, anche se molti stu denti sospettavano che fosse gay, lui sostiene di essere stato «l'ultimo a capire» le proprie tendenze. Probabilmente, il fatto di trascorrere ogni sera una o due ore nelle chatroom gay di America on line e di incontrarsi clandestina lui. Tant'è che, prima della fine del liceo, Joshua aveva già superato il rifiuto nei confronti della propria omosessualità. Durante il primo anno di college però - quando lui e Benjamin iniziarono a flirtare - non aveva alcuna intenzione di lanciarsi in una storia seria.
«Le prime volte che stavo con Ben pensavo: " stato divertente: adesso vado in in locale gay a cercare qualcuno con cui farlo di nuovo!"», racconta oggi. «lo invece», ricorda Benjamin, «pensavo: "Abbiamo fatto sesso, quindi forse stiamo insieme"».
Nel maggio del 2004, quando Benjamin si diplomava e lo Stato del Massachusetts iniziava a rilasciare licenze di matrimonio alle coppie omosessuali (attualmente Vermont, Connecticut, New Hampshire e New Jersey hanno legalizzato le unioni civili tra le coppie dello stesso sesso, mentre Maine, Hawaii, Oregon, Washington, California e il Distretto di Columbia ammettono le "partnership domestiche"), Joshua e Benjamin avevano già una storia "seria".
Il matrimonio «ci è parso come una scelta ovvia», dice Benjamin. «Sarebbe stato sciocco non sposarsi abitando nell'unico Stato dov'era possibile farlo». Le famiglie di Joshua e Benjamin li hanno sostenuti. «I miei genitori non avevano problemi che io sposassi un ragazzo», dice Benjamin. «L'unica loro domanda è stata: "Non sei un po' troppo giovane?". Sono cresciuto nella convinzione che essere gay e vivere un rapporto duraturo fosse una contraddizione in termini. Ho iniziato il liceo nel 1989, un'epoca in cui gli adolescenti gay ancora non si presentavano al ballo di fine anno accompagnati dal proprio fidanzato. Se avessi avuto la fortuna di trovare l'amore, mi dicevo, avrei fatto bene a tenermelo ben stretto. Una parte di me ci ha provato, mentre un'altra parte - la parte maggiore, temo – si sarebbe stabilita in pianta stabile nel mio locale gay preferito. E non ero l'unico. Ovunque volgessi lo sguardo vedevo uomini gay sulla ventina - o nel caso non avessero fatto coming out prima, sulla trentina, quarantina o cinquantina - decisi a evitare delle relazioni serie e optare piuttosto per le emozioni che le comunità urbane apertamente gay e sessualizzate sembravano promettere. Naturalmente c'era un motivo per cui così tanti omosessuali della mia età, o più grandi, sembravano abbandonarsi a uno stato di protratta adolescenza: mentre i nostri coetanei etero hanno avuto al liceo le prime esperienze di amore e sesso, molti di noi sono cresciuti nella paura, vivendo clandestinamente la propria condizione».
«Nell'adolescenza, raramente i nostri sentimenti venivano accettati da famiglia e comunità», spiega Alan Downs, autore di La rabbia di velluto: come superare il dolore di crescere gay in un mondo di etero, «spesso poi, quando riuscivamo a esprimere la nostra sessualità, si trattava di un'esperienza segnata da segretezza e manipolazione, o da una vergogna debilitante. Non c'è da stupirsi, allora, se raggiunta la ventina molti di noi si siano dedicati con determinazione al recupero del tempo perduto. E se alcuni abbiano anche esagerato».
«Gli omosessuali di oggi», afferma Jeffrey Chernin, psicoterapeuta di Los Angeles e autore di Avvicinarsi: guida all’intimità e ai rapporti per uomini gay, «crescono in circostanze diverse rispetto alla generazione che ha forgiato la moderna cultura gay in questo Paese. L'adolescenza può ancora essere un periodo difficile, ma i ragazzi gay oggi fanno coming out prima, e sempre più spesso vivono apertamente la propria sessualità. Molti di loro non si considerano molto diversi dai coetanei etero, e spesso desiderano ciò che per tanto tempo è stato esclusivo appannaggio della cultura americana tradizionale: la possibilità di farsi una famiglia».
Drammi della gelosiaMa cosa è stato a spingere la prima generazione di giovani gay a sposarsi? E. in assenza di un modello a cui ispirarsi, come hanno scelto di impostare le proprie unioni?
Curioso di scoprirlo, ho frequentato per un paio di mesi alcune giovani coppie di gay sposati o fidanzati tutti bianchi e con un titolo di studi universitario (da una ricerca condotta nel 2008 sulle coppie gay e lesbiche di Vermont, California e Massachusetts - tre Stati che offrono ai gay un qualche riconoscimento legale - è emerso che nella stragrande maggioranza dei casi in America le "coppie gay che scelgono di legalizzare la propria unione sono di origine europea"). E, nonostante in Massachusetts tra le coppie dello stesso sesso sposate e di età inferiore ai trenta anni le lesbiche sono il doppio degli uomini gay, ho scelto di concentrarmi su questi ultimi. Spesso, infatti, le dinamiche dei rapporti tra lesbiche e tra gay sono diverse: "Le donne, sia omosessuali che etero, tendono a voler mettere su casa molto prima degli uomini», afferma Dan Savage, Vassili e Marc. 24 anni entrambi. hanno da poco ritirato la loro licenza di matrimonio al municipio di Boston.
(da
GAYNEWS.IT )
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