REDDITI ON LINE

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niko74mi
00lunedì 5 maggio 2008 09:23

Su questo scenario, ormai da sei giorni, si è abbattuto lo tsunami della pubblicazione on line dei redditi 2005 di circa 40 milioni di italiani, decisa il 5 gennaio scorso dal viceministro Vincenzo Visco e attuata dal direttore generale dell’Agenzia delle entrate, Massimo Romano. Un’operazione, quindi, preordinata da tempo della quale, dopo le comprensibili polemiche iniziali, non si discute la liceità, ma l’opportunità, e quindi la volontà politica retrostante.

Non convince la spiegazione per cui sarebbe stato Prodi a bloccare la pubblicazione durante la campagna elettorale poiché egli fu sfiduciato il 25 gennaio (20 giorni dopo il decreto Romano) e le Camere furono sciolte il 6 febbraio (quindi un mese dopo).

L’operazione è scattata ben tre settimane dopo il voto del 13-14 aprile, alla vigilia della formazione del nuovo Governo quando, passato così tanto tempo del 5 gennaio, sarebbe stato opportuno aspettare le direttive del nuovo ministro. Uno sgarbo politico avvolto in una decisione tecnica e amministrativa che rischia di avvelenare il clima sociale e, più probabilmente, mirata a rendere difficile l’attuazione di una nuova politica fiscale da parte del Governo.

Da oggi, la Procura di Roma esaminerà la documentazione dell'Agenzia delle Entrate per risalire lungo tutta la catena di comando. Una volta esaminata la documentazione, il procuratore aggiunto Franco Ionta provvederà a convocare dirigenti e funzionari del fisco per sentire la loro versione e, probabilmente, anche il vice ministro dell'Economia Vincenzo Visco. La posizione di quest'ultimo, che all'indomani della immissione dei dati on line parlò di iniziativa adottata in base a quanto previsto dalla legge, sarà subordinata all'eventuale configurazione di responsabilità nella vicenda. Stesso discorso riguarda Massimo Romano, direttore dell'Agenzia delle Entrate.

Il punto è di verificare la legittimità di una divulgazione indiscriminata di dati, oggettivamente non sensibili e comunque pubblici, ma ai quali, contrariamente alla prassi, si è potuti accedere senza alcun filtro e con rischio di conseguenze per i titolari dei redditi dichiarati. Un'operazione che, tra l'altro, potrebbe provocare speculazioni da parte di chi è riuscito a "scaricare" i dati. Su questo aspetto la polizia postale sarà molto attenta a monitorare non solo la rete telematica, ma anche qualsiasi altra forma di uso improprio dei dati. La norma che regola la violazione della privacy, legge 167, prevede infatti la reclusione dai sei mesi a tre anni. Ma sarà sufficiente copiare su un Cd i dati e poi passare il Cd a chiunque ne faccia richiesta, dietro pagamento. Cosa probabilmente già avvenuta.

Il Codacons ha presentato una richiesta di risarcimento di 20 miliardi di euro al Pubblico Ministero di Roma “da distribuirsi tra i 38 milioni di contribuenti italiani, 520 euro circa per ciascuno di essi”. Il presidente di Codacons, Carlo Rienzi, ha precisato: “Laddove si tratti di redditi di soggetti che in vario modo sono alimentati da danaro pubblico o comunque destinati a finalità pubbliche, è sicuramente ammissibile l'accesso alla denuncia dei redditi e la sua pubblicazione . Ad esempio tutti i redditi degli addetti e dirigenti pubblici, compresi i componenti degli organi elettivi come Comuni, Regioni, Camera e Senato, pagati con danari dei cittadini sono accessibili a chi ne faccia richiesta. Lo stesso per i dirigenti degli enti pubblici, e delle società concessionarie come la RAI , Ferrovie, Acea, Poste e di qualsiasi altro ente che eroghi un servizio pubblico universale pagato dai cittadini o con una parte dei danari dei cittadini”. Sempre secondo Rienzi, sono pubblicabili anche “i redditi di soggetti dello spettacolo, della politica,dello sport, della società civile, la cui notorietà e rilevanza e interesse sociale faccia scattare il diritto-dovere di cronaca , che , come è noto , costituisce un diritto costituzionale pari a quello della riservatezza, e quindi una esimente da reati e rende non punibile ciò che altrimenti lo sarebbe. Altrettanto accessibili sono le denunce dei redditi quando esse servono al cittadino per difendersi in giudizio, come ad esempio il coniuge che intende fare causa all'altro coniuge ha diritto a vederne la denuncia dei redditi ai fini di ottenere dal Giudice una giusta sentenza circa gli obblighi di mantenimento della famiglia. In pratica chi vuole mettere il naso negli affari altrui deve avere un interesse qualificato e concreto”, ma soprattutto deve lasciare traccia della sua domanda di accesso e del suo interesse. Conclusione: “E’ invece sicuramente da escludersi la possibilità di pubblicare tutte le denunce dei redditi su internet in modo generalizzato, e ciò innanzitutto perché tale pubblicazione non garantisce più né sui soggetti che ne vengono in possesso, né sul rispetto dei limiti temporali della pubblicità degli atti”.

Lacune legislative, leggi contraddittorie, non aggiornate, soprattutto interpretabili in modo diverso costituiscono la piaga della società italiana e della giustizia. Si dovrebbe cogliere l’occasione di questa vicenda surreale per provvedere.

(da GRRG.IT)
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