La musica della generazione Emo

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niko74mi
00martedì 2 dicembre 2008 21:45

Generazione emo, uniti da musica e look

Matita nera sugli occhi, capelli lunghi, frange e rossetto. E ancora guanti a rete e smalto. Non ci sarebbe nulla di strano se stessimo descrivendo il look di una ragazza di vent'anni.

Sono sempre più numerosi gli adolescenti maschi che scelgono accessori e abiti tipicamente femminili. A volte capita di vederli in strada, molto più spesso nelle tv musicali: sono i giovani della generazione emo. Dove finisca la moda e cominci lo stile di vita non è dato sapere ma sta di fatto che, in poco tempo, è nato un vero e proprio movimento, magari non organizzato ma certamente diffuso e capillare.

L'acconciatura strizza l'occhio al punk di fine anni Settanta ma l'abbigliamento è curato, ci sono meno strappi e scuciture. Le griffe, insomma, sono sempre in agguato. Neppure il dark degli anni Ottanta sembra essere passato inosservato. Il trucco e lo smalto sulle unghie dei maschi sono lì a dimostrarlo. Ma non c'è nessuna traccia della rabbia distruttiva e iconoclasta del punk. Né della depressione cosmica e ineluttabile della dark wave. Ciò che resta è un'urgente necessità di introspezione che amplifica il proprio io senza pudori o reticenze. Per essere accettati non si è costretti a essere duri o crudeli. Si può dar voce alle proprie emozioni perdendosi in languidi sentimentalismi. Fino ai confini dell'androginia.

Cosa ascolta la generazione emo? Ha già a disposizione i propri cantori, la propria colonna sonora. Band musicali che riescono a rispecchiare uno stato d'animo condiviso, ispirare un modo di sentire e vestire, suggerire atteggiamenti e visioni del mondo. È il caso dei 30 Seconds to Mars, Fall Out Boy, My Chemical Romance e Tokio Hotel. Ma anche in Italia cominciano a conquistare spazio realtà come i Dari che virano il sound verso sponde emotronik.

I confini del termine emo sfuggono a una definizione precisa e univoca, così come le sue origini che si perdono fumose alla metà degli anni Ottanta. Allora cominciavano a farsi notare gruppi come Embrace e Rites of Spring, veri precursori e pionieri dell'emorock. Figura chiave e punto di passaggio è proprio Ian McKaye, negli anni Novanta cantante dei Fugazi e fondatore e leader di Minor Threat e Embrace, band simbolo dell'emocore della prima ondata.
Ma oggi l'emo ha poco a che fare con le sue radici indierock. E forse è proprio per questo che le band attuali sono più efficaci nello scalare le classifiche musicali di mezzo mondo. Nell'intreccio sonoro si affaccia il metal, con un occhio sempre attento alle esigenze pop. Le melodie sono nette, i riff di chitarra incisivi e il canto non esita a tradurre in note parole che descrivono l'eterna fragilità delle emozioni. Come accade in «Fallen» dei 30 Seconds to Mars che dice: «È questo che sei? / Una dolce e violenta necessità / Un debole caduto con la promessa della fine? / Tutte le persone che valgono non ci sono più / L'innocenza non va più di moda / Non c'è più nulla per me». E ancora «R-Evolve» che recita: «Oggi è iniziata la rivoluzione dentro di me / La finzione è la difesa definitiva / Non ti sembra di non essere mai vissuto? / Non ti sembra che sia tutto appena iniziato? / È l'evoluzione / È cominciata la rivoluzione». Non c'è la rabbia del punk e la sua voglia di sovvertire regole e convenzioni sociali con la violenza. Non ci sono gli abissi di depressione del dark o l'intimismo poetico della new wave. Ma la rivoluzione emo è appena cominciata.

(da ILTEMPO.ILSOLE24ORE.COM )

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