IL SILLOGISMO DI BERLUSCONI

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niko74mi
00mercoledì 14 maggio 2008 10:24
di Alessandro Corneli

Più che un discorso programmatico, quello di Silvio Berlusconi ieri alla Camera è stato un sillogismo: l’Italia non ha tempo da perdere, la ripresa è la sola alternativa al declino. Conseguenza: maggioranza e opposizione non possono esaurire le loro energie in una sfida pregiudiziale ma devono dialogare per trovare soluzioni condivise.

Sul piano logico, nessun dubbio che l’Italia avrebbe bisogno di profonde riforme condivise. Su questo concorda anche l’opposizione, con l’eccezione di Antonio Di Pietro che sembra deciso a innalzare il vessillo dell’antiberlusconismo, con un occhio agli elettori della sinistra estrema che non sono più rappresentati in questo Parlamento e rischiano di restare fuori anche in futuro.

Il messaggi subliminale che Berlusconi ha inviato a Veltroni è questo: l’opposizione non deve seguire il principio del “tanto peggio, tanto meglio”. Veltroni sembra d’accordo, anche perché ha avuto il riconoscimento positivo del suo governo-ombra.

L’opposizione ha gradito il clima disteso, il tono conciliante, il principio del dialogo, ma ha anche detto che giudicherà il Governo nei suoi atti concreti.

Stralciamo per un momento la questione delle riforme istituzionali, dove su alcuni punti ci sono chiare convergenze. La questione è che ci vorrà del tempo prima che la riforma venga approvata e poi entri in vigore ed abbia effetto. Senza dimenticare che ci saranno scogli grossi: il federalismo fiscale, a parole, è condiviso, ma quando si tratterà di definire quanto allo stato e quanto alle Regioni e alle singole Regioni, molti nodi verranno al pettine.

Pensiamo invece ai problemi concreti. Berlusconi ha detto che il suo Governo manterrà le promesse elettorali, che si riducono a pochi punti: soppressione dell’Ici sulla prima casa, detassazione degli straordinari, Alitalia e pacchetto sicurezza.

Cominciamo con il ricordare che Berlusconi, per quasi due anni, ha detto che il governo Prodi faceva il male dell’Italia e bisognava mandarlo a casa al più presto. C’è riuscito, ma buona parte dei ministri di Prodi sono entrati nel governo-ombra di Veltroni. Che cosa diranno questi ministri-ombra delle cose che faranno i ministri veri, verosimilmente qualcosa di diverso?

Di per sé, il governo-ombra è una bomba a scoppio ritardato nelle mani di Veltroni, e a scadenza piuttosto ravvicinata poiché tra un anno ci saranno le elezioni amministrative parziali e quelle europee e si può escludere che saranno condotte all’insegna del “non facciamoci male”. Vogliamo dire che, per essere credibile, il governo-ombra di Veltroni, che terrà una riunione ogni giovedì vagando per l’Italia, dovrà essere incisivo, cioè critico, punto per punto, ministro-ombra per ministro in carica: Fassino contro Frattini, Bersani contro Tremonti, Minniti contro Maroni, e così via.

E’ illusorio credere che i mali dell’Italia possano essere risanati abolendo l’Ici dalla prima casa, detassando gli straordinari e avendo la mano pesante con i clandestini. Risolverà, probabilmente, l’emergenza rifiuti a Napoli, ma buona parte dell’Italia è a rischio e quasi ogni giorno si scoprono discariche abusive e inquinanti. Qualcuno pagherà?

Le grandi corporazioni che hanno ri-fedaulizzato l’Italia non sono state toccate nel discorso di Berlusconi, che ha fatto un accenno alla giustizia, ma non ha parlato della scuola, della pubblica amministrazione, dell’università, della sanità, del sistema pensionistico, di sindacati, che hanno una diretta ripercussione sui conti pubblici e, quindi, sulla pressione fiscale.

Il governo metterà in pratica la proposta di Renato Brunetta di licenziare i fannulloni della pubblica amministrazione?

Su tutti quei temi che Berlusconi non ha toccato, quale sarà, se verranno affrontati sul serio, il comportamento dell’opposizione?  

Con il suo discorso, Berlusconi ha lasciato al campo avversario decidere se, come e quando iniziare le ostilità. E’ stata una buona mossa, ma adesso si attendono le politiche concrete del Governo, quelle che riguardano – o dovrebbero riguardare – le riforme strutturali, quelle che modificano i rapporti di potere di una società profondamente feudalizzata sulla quale lo Stato, indipendentemente dai governi e dalle loro maggioranze, ha perso gran parte del proprio potere e che non si lasceranno facilmente ridurre dal “dialogo” all’interno del Palazzo.

Il discorso programmatico ha detto ben poco, quasi niente, al riguardo. Si muoveranno adesso i singoli ministri con progetti veramente innovativi? Lo faranno in ordine sparso o all’interno di un progetto coerente? Rimuovere i campi nomadi e mandare più poliziotti nelle strade non inciderà molto sulla produttività del Paese, sulla sua capacità di innovazione.

Di Pietro parla di un tranello teso da Berlusconi all’opposizione per addormentarla. Potrebbe accadere il contrario: e cioè che l’opposizione mantenga un basso livello di conflittualità nella misura in cui il Governo non faccia le riforme in profondità. A questo punto bisognerebbe leggere nelle intenzioni dei protagonisti. Cosa che non ci è consentita. Il dialogo fine a se stesso si ridurrebbe a un mucchio di parole e a pochi fatti.

(da GRRG.IT)
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