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Omoerotismo e nazifascimo

Ultimo Aggiornamento: 30/06/2011 21:20
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30/06/2011 21:20

Anche a destra l'amore più puro è gay: omoerotismo componente fondamentale nazifascismo

L’amore più puro? È quello omosessuale. Parola (o delirio estivo, per il solito Giovanardi) di Umberto Veronesi. In fondo, un concetto nemmeno troppo originale. Più sorprendente, invece, se si scorre l’album di famiglia della “gayezza”, perché si scopre, così, che ad aver espresso nei secoli questo concetto – dal Simposio platonico in poi – non sono pensatori libertari o di sinistra, ma, al contrario, molti esponenti e persino leader carismatici dell’estrema destra.

A cominciare da Adolf Brand, giornalista e insegnante “proto nazista”, editore della prima rivista gay della storia, Der Eigene (l’Unico, loSspeciale), datata 1896.

Tra il 1899 e il 1900 Brand – che nel 1903 fonderà con lo scienziato di destra Benedict Friedlaender, e con il futuro capo della gioventù hitleriana, Wilhelm Jansen, la Gemeinschaft der Eigen (la Comunità degli Speciali) – pubblicò un’antologia di letteratura omoerotica, Lieblingsminne und Freundesliebe, corredato da eloquenti fotografie, nel quale si sosteneva che l’amore omosessuale è per definizione il più puro, perché scevro da ogni secondo fine (leggi: famiglia e figli).

Le teorie della Comunità degli Speciali troveranno una sistemazione organica nell’opera di un altro esponente della destra pre-nazista, e sedicente pedagogo, Gustav Wyneken, che nel 1921 diede alle stampe il saggio Eros, nel quale si esaltava l’amore tra i ragazzi.

E che sarà oggetto di una lunga arringa difensiva da parte di un avvocato di estrema destra, Erich Ebermayer, nel suo Jugend und Eros, libro apprezzato da Thomas Mann che, non a caso, proprio in quell’epoca – all’età di cinquant’anni - confesserà le proprie pulsioni omosessuali (e la morbosa e incestuosa attrazione per il figlio omosessuale Klaus).

Di quegli anni è poi l’apoteosi della celebrazione dell’amore omosessuale per opera di Hans von Blüher, cantore dei Wandervögel, una specie di corpo dei boy scout antesignano della Hitlejugend. Per Blüher, giornalista, scrittore ed esponente di punta del movimento di liberazione omosessuale di estrema destra, a tenere insieme i giovani scout è l’omoerotismo, che va incentivato, perché forma più pura dell’amore, disinteressato, capace di promuovere e rinsaldare legami di amicizia e affinità sociali e culturali.

Blüher, anzi, diceva di più: fortemente influenzato dalle teorie di Freud, sosteneva che tutte le amicizie virili rispondono a impulsi omosessuali latenti. E che liberare questi impulsi significa liberare energie in grado di selezionare i più forti, i capi. Il carisma dei capi, insomma, è direttamente proporzionale al fascino omosessuale sprigionato.

Ma se nelle antiche comunità virili e guerriere l'attrazione omoerotica era l’elemento chiave per selezionare i più forti, perché non incentivarlo anche nella sonnolenta, grigia e buia età guglielmina? Perché non pensare che grazie all’omosessualità si potesse selezionare una casta in grado di ridare alla Germania dignità e grandezza?

Forse la pensava così anche Ernst Röhm, a lungo braccio destro di Hitler, che in poco tempo arrivò a creare un vero e proprio esercito “parallelo”, quello delle SA, i cui componenti venivano selezionati in base all’avvenenza e – manco a dirlo – alla comprovata propensione omosessuale.

Röhm, che si vantava pubblicamente di non aver mai compiuto un atto sessuale contro natura facendo sesso con un donna, pagò caro il suo potere (fu arrestato e giustiziato, su istigazione degli altri gerarchi nazisti, in quella che è passata alla storia come la Notte dei lunghi coltelli, nel 1934), ma ancora oggi viene celebrato come un’icona dalla estrema destra di mezzo mondo.

A lui, e naturalmente a Blüher, si ispirò forse l’ultimo leader carismatico neonazista, Michael Kühnen, incontrastato capo della destra radicale europea tra gli anni ’70 e ’80.

Kühnen fu il più tenace sostenitore della purezza dell’amore gaio. Nel 1986 scrisse anche un pamphlet dal titolo inequivocabile, Nazionalsocialismo e Omosessualità, nel quale senza mezzi termini esaltava l’amore gay come il più puro e naturale.

Come per Adolf Brand, anche secondo il leader neonazista considerava l’amore omosessuale più naturale, perché non persegue lo scopo procreativo, dunque non distrae l’uomo o lo condiziona con i problemi familiari, ma ne indirizza le energie verso la comunità, verso i legami relazionali. Per Kühnen quello dell’omosessuale era un ruolo sociale avanguardistico: significava essere difensori dei valori e della cultura. Ovviamente ariani.

Insomma, il vero nazista non poteva che essere omosessuale. Lo scritto di Kühnen, al quale i camerati avevano persino cercato di affibbiare una fidanzata “schermo”, tale Lisa W. (che dichiarerà in molte interviste tutta la focosità del suo amante…), come ovvio provocò molti imbarazzi nell’ambiente neonazista.

Anche una scissione e persino un morto (il braccio destro di Michael Kühnen, l’omosessuale Johannes Bügner, verrà ucciso con quattordici pugnalate da camerati inguaribilmente eterosessuali, poco dopo la pubblicazione dell’opuscolo).

Kühnen scamperà al destino del suo braccio destro perché in galera per propaganda nazista e attività paramilitari. Ma morirà di Aids qualche anno dopo, nel 1991, all’età di 36 anni.

E anche in questo caso, la propaganda neonazista cercherà di nascondere la verità più ovvia, diffondendo una versione quantomeno improbabile dell’infezione che aveva colpito il giovane leader: secondo la versione diffusa dagli ambienti della destra radicale tedesca, Kühnen aveva contratto il virus dell’Hiv perché durante la detenzione, dopo aver fatto indigestione di fragole, era stato costretto a subire un prelievo del sangue e la siringa infetta lo aveva contagiato. (di Pierluigi Milanese)

(da GAYNEWS.IT )
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