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Uomini che comprano sesso

Ultimo Aggiornamento: 15/10/2008 11:44
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15/10/2008 11:39

...libro inchiesta sulla prostituzione in Inghilterra
Paying for Pleasure
Men who Buy Sex

Recensito da Pietro Saitta  

Prostitute e clienti si ritrovano al centro di una campagna d`ordine con pochi precedenti. Ma è tutto questo assolutamente necessario? La relazione tra clienti e operatrici sessuali è veramente caratterizzata da un inaccettabile differenziale di potere? Il libro di Teela Sanders mette in discussione le argomentazioni dei moralizzatori e fornisce molti spunti per poter interpretare le motivazioni dell`azione repressiva in atto

Come apparirà evidente persino al più disattento frequentatore del panorama dell’informazione, la prostituzione è diventata una delle tematiche più delicate del momento. Manifestazione ulteriore di quella che è una più ampia campagna morale dai molti precedenti, ma che da decenni non si manifestava con tanta virulenza, la lotta alla prostituzione ha fondamenta assai discutibili ma di gran presa sull’opinione pubblica.

Tralasciando l’enfasi che questo discorso pone sulla tratta delle donne così come sulla dignità delle persone prostituite (specie l’ultima, una tematica così risibile da non meritare quasi attenzione), le odierne azioni istituzionali di contrasto della prostituzione prendono di mira i clienti.

Proprio questi ultimi costituiscono l’oggetto dello studio di Teela Sanders, che impiega: a) 52 interviste in profondità rivolte ad uomini eterosessuali di varia età e differente consuetudine con il mercato del sesso; b) l’analisi dei contenuti di una serie di forum dedicati alla compravendita di servizi sessuali e c) materiali risultanti da precedenti indagini sulle operatrici sessuali. Lo sfondo della ricerca è costituito dall’Inghilterra, uno dei paesi che ha confinato lo scambio sessuale all’interno di spazi tanto deregolati quanto nascosti allo sguardo del pubblico. Lo studio di Sanders, dunque, ci sembra interessante perché fornisce utili spunti per prevedere l’evoluzione che il fenomeno avrà anche in Italia, in ragione delle riforme proposte dall’attuale maggioranza di centro-destra.

In Inghilterra così come in Italia, il mercato della prostituzione si trova al centro di un processo di ri-definizione che impiega i diritti umani come pretesto per l’imposizione di un ordine pubblico e di una rinnovata morale di stato. In modo coerente con i processi di intervento nella sfera privata dei cittadini, camuffati per esempio da misure per la sicurezza e il contrasto al terrorismo, Europa e Stati Uniti stanno testimoniando tanto una sensibile riduzione degli spazi di libertà individuali quanto una moltiplicazione dei dispositivi di controllo sociale.

Questi ultimi vanno intesi tanto in senso tecnologico quanto “disciplinare”. La diffusione e l’affinamento delle tecnologie di screening e prevenzione – metal detector, sistemi di intercettazione ambientale, strumenti per la visione all’interno di corpi solidi come vestiti, valigie, mura domestiche, etc. – si accompagna ad una pluralità di discorsi tesi a rendere accettabili o persino desiderabili l’intrusione dello stato nella sfera privata e la regolamentazione dell’intimità (ivi inclusa quella sessuale, di cui la prostituzione è una manifestazione).

L’individuazione di differenti tipologie di nemici pubblici “interni” ed “esterni” (stranieri, organizzazioni criminali, drogati, terroristi islamici, prostitute, etc.), è certamente parte di questo processo. Tuttavia la costruzione di questa realtà basata sui principi della paura, del controllo del rischio e della prevenzione, non si fonda sulla semplice criminalizzazione e individuazione di classi pericolose. Piuttosto, essa adotta strategie discorsive complesse, che si travestono spesso da lotta per i diritti umani, per la difesa della vita, e via dicendo.

Un esempio di questa tendenza è costituita dalle retoriche e dalle politiche relative alla prostituzione. Gli ideatori delle campagne anti-prostituzione, infatti, non si limitano a condannare la prostituzione in sé. Ciò si rivelerebbe una modalità dialettica inefficace in ragione del fatto che lo scambio sessuale è, dopo tutto, un negozio tra privati che stabiliscono un prezzo per un’attività di servizio (una definizione semplice ma tuttavia incontestabile, per lo meno quando ha per controparti degli adulti consenzienti). Al contrario, gli oppositori dello scambio sessuale accompagnano la loro lotta con una serie di argomentazioni di buon senso che hanno vita facile nel convincere l’opinione pubblica della bontà dell’operato istituzionale.

Basti pensare all’importanza che il tema della tratta assume nel giustificare e legittimare gli interventi di contrasto alla prostituzione. Un’accurata lettura dei quotidiani nazionali e locali mostra infatti che le numerose azioni intraprese dalla polizia nelle strade italiane servirebbe, oltre che a rispondere alle richieste della cittadinanza turbata dall’indecente esibizione dei corpi lungo le strade, a prevenire gli incidenti stradali e, soprattutto, a contrastare quelle autentiche spectra della prostituzione che rapiscono migliaia e forse milioni di donne in Est-Europa e in Africa, costringendole a vendersi sulle strade del nostro continente.

A questo primo livello di definizione, comune a molti paesi europei, si accompagna spesso una nuova visione circa i ruoli e le responsabilità degli attori coinvolti. Seguendo una logica simile a quella impiegata nella lotta al traffico degli stupefacenti, oggi ad essere criminalizzati sono, dopo gli sfruttatori, i consumatori di quella particolare merce che è il sesso: ovvero i clienti.

Costoro sono oggetto di un processo di stigmatizzazione di ordine legislativo e, soprattutto, morale. Le sanzioni ai clienti fanno il paio con valutazioni tendenti a descriverli come individui patologici, afflitti da carenze psicologiche che li inducono a ricercare relazioni sessuali mercificate, complici e causa del sistema di sfruttamento e violenza che si compie ai danni delle persone.

Sulla base di una nutrita letteratura (Augustin, 2002; Gulcur e Ilkkaracan, 2002; Cole and Booth, 2006; Weitzer, 2007) e in antitesi al senso comune, possiamo affermare che molti di questi discorsi hanno deboli fondamenta. La prostituzione è certamente un fenomeno complesso, ma, contrariamente alle rappresentazioni più comuni, non abbiamo evidenze che le donne trafficate costituiscano la maggioranza di quelle impiegate nelle strade o nelle case (Weitzer 2005).

Piuttosto è possibile applicare categorie economiche, improntate ai criteri della scelta razionale, che devono tenere conto di un quadro che è coercitivo in relazione alle condizioni strutturali che determinano questo corso d’azione (disuguaglianza nella distribuzione delle risorse globali, materialismo diffuso, chiusura delle legislazioni migratorie, etc.), ma non alle modalità di esercizio della compravendita sessuale (Bales 2005; Salt, 1997).

Allo stesso modo, è assai discutibile l’idea che dietro i casi di sfruttamento vi siano grandi organizzazioni transnazionali, specializzate nella transumanza di donne. Molte sentenze mostrano, per esempio, che lo sfruttamento delle donne ha origine all’interno delle famiglie e che i canali usati dalle donne per attraversare le frontiere sono i medesimi impiegati dagli immigrati clandestini. Non vi sarebbe dunque nessuna relazione necessaria tra prostituzione e presenza di organizzazioni specializzate nel traffico di persone (per lo meno, nel significato comunemente inteso di “tratta delle donne”).

Se una parte consistente dello sforzo critico rinvenibile in letteratura è stato finora rivolto alla destrutturazione dei concetti di tratta e coercizione, un analogo impegno dovrà essere adesso impiegato a proposito dei clienti. Gli acquirenti del sesso, infatti, costituiscono il nuovo tassello della retorica pubblica orientata alla repressione e, al fine di arginare i danni dell’operato dei governi, è opportuno che le nuove analisi gettino luce sulle storture concettuali che si celano dietro l’azione delle istituzioni.

Il libro di Sanders interviene a tal proposito e risulta estremamente utile. Impiegando una metodologia solida tanto con riferimento al processo di generazione dei dati quanto alle modalità di reclutamento degli individui da intervistare, l’autrice indaga le motivazioni, le modalità dell’incontro tra domanda e offerta così come vengono strutturate da Intenet, il processo di stigmatizzazione degli uomini e le tecniche di neutralizzazione che essi mettono in atto per prevenire i problemi con la legge e la riprovazione collettiva.

Come si intuisce, la studiosa pone diverse domande; troppe per poterle riassumere compiutamente. Tuttavia tra le questioni che è assolutamente necessario menzionare vi sta quella che consiste nello sfidare il punto di vista che vuole i clienti sostanzialmente indifferenti rispetto al ruolo che essi interpretano all’interno dell’industria sessuale, meccanici nel modo di trattare le operatrici e sprovvisti di un qualsivoglia codice comportamentale (coincidente al limite con le stesse “buone maniere” proprie dei sistemi di aspettativa validi nei normali luoghi di scambio).

Contrariamente a certi discorsi incentrati sulla violenza e la pericolosità delle relazioni in ambienti di prostituzione, tutti i clienti contattati dichiarano per esempio di prestare estrema attenzione all’impiego del preservativo. Nei forum di discussione presenti in Internet, i clienti discutono frequentemente, oltre che della qualità dei servizi erogati all’interno dei bordelli o della gentilezza delle operatrici, anche di questioni “etiche” come, per esempio, la necessità di boicottare i posti che impieghino ragazze minorenni. Inoltre, alcuni clienti hanno dichiarato di avere avvertito la polizia quando hanno percepito la sensazione che le ragazze fossero sfruttate.

Come nota l’autrice, l’analisi empirica mostra che i frequentatori di case chiuse non sono necessariamente passivi quando sono in gioco la sicurezza e il benessere delle donne prostituite. Inoltre non si può ridurre questa attenzione ad una mera questione individuale, sostanzialmente correlata al senso etico dei singoli clienti. Al contrario, in rete si rinviene una pressione collettiva che assume le forme di una vera e propria etichetta, tesa a rinforzare le buone pratiche e ad omologare il comportamento degli uomini. La moralità, in altri termini, riveste un ruolo fondamentale nell’immaginario dei clienti e questo è di per sé qualcosa che fa vacillare i più comuni “discorsi moralizzanti”, fondamentalmente teorici e privi di adeguata base empirica.

Inoltre, è proprio vero che, come vuole la critica femminista più intransigente, i clienti riproducano un mero rituale di potere, fondato essenzialmente sulla sopraffazione e sull’impiego meccanico del corpo femminile?

A sentire Sanders, le relazioni mercenarie possono essere “intime”, soprattutto quando la relazione tra cliente e operatrice sessuale è caratterizzata da regolarità. E ad ogni modo, le testimonianze raccolte suggeriscono che la relazione tra prostitute e clienti non differisce necessariamente nei contenuti rispetto a quelle “non-commerciali”, specie quelle in cui sono prodotte e consumate forme di intimità fisica ed emotiva occasionali e di breve durata (per quanto intense).

Molti uomini, insomma, ricercano quella che nel gergo dei frequentatori dei forum on-line si chiama GFE (the girlfriend experience) fatta non soltanto di penetrazione, ma di cura, carezze, parole. Un elemento in più che conferma come la prostituzione non possa essere intesa semplicisticamente come mero scambio genitale. Al contrario, essa può rivelarsi molto più che una mera forma sessuale e può includere, da un lato, competenze e sensibilità da parte di chi opera e, dall’altra, richiedere una forma di compenetrazione mentale. La prostituzione in altri termini è un’attività di servizio che non si colloca ad un livello molto differente da quello di altre analoghe attività di servizio che pongono corpo e mente al centro dello scambio (ad esempio i massaggi o simili forme terapiche).

Ne deriva che la criminalizzazione dei clienti risulta oltre modo ingiustificata, sottoponendoli a una stigmatizzazione sproporzionata che non trova altra ragion d’essere che nell’ignoranza delle dinamiche più frequenti e nella pulsione dello stato di imporre una propria morale e regolamentare la sessualità, esasperando quella tendenza al controllo che autori come Elias e Foucault hanno ampiamente descritto.

In conclusione, ritengo il libro di Teela Sanders uno studio accurato e ricco di spunti, che ha il pregio di far vacillare con la sua ricchezza di dettagli empirici e la profondità delle sue argomentazioni teoriche molte delle basi ideologiche che si celano dietro le odierne politiche di contrasto della prostituzione. Ciò appare un’opera quantomai meritoria perché permette di mostrare la vera natura del processo autoritario in corso e ci permette di intuire quanto triste sia il destino dei diritti umani, degradati al ruolo di giustificazione al servizio della forza e svuotati di quei significati alti che vorremmo continuassero ad avere.

Riferimenti bibliografici

Augustin L. M. (2002) ‘Challenging "Place": Leaving Home for Sex’ , Development, 45, 1, pp. 110–117.

Bales K. (2005) Understanding Global Slavery: A Reader, University of California Press, Berkeley.

Cole J., Booth S. (2006) Dirty Work. Immigrants in Domestic Service, Agriculture and Prostitution in Sicily, Lexington, Lanham.

Gulcur L. e Ilkkaracan P. (2002) “The ‘Natasha’ Experience: Migrant Sex Workers from the Former Soviet Union and Eastern Europe in Turkey”, Women Studies International Forum, 25, 4, pp. 411-421.

Salt J., Stein J. (1997) “Migration as a Business: The Case of Trafficking”, International Migration, 35, 4, pp. 467-494.

Weitzer R. (2005) “Flawed Theory and Method in Studies of Prostitution,” Violence Against Women, 11, pp. 934-949.

Weitzer R. (2007) “The Social Construction of Sex Trafficking: Ideology and Institutionalization of a Moral Crusade”, Politics and Society, 35, pp. 447-475.

(da TERRELIBERE.IT )

[Modificato da niko74mi 15/10/2008 11:44]
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