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FEDERALISMO: FINI PONE CONDIZIONI

Ultimo Aggiornamento: 30/07/2008 09:29
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30/07/2008 09:29

di Alessandro Corneli
Ieri il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha tenuto un ampio discorso molto vicino alle osservazioni fate il giorno prima da Napoletano, ma ha anche sollevato alcune questioni che non mancheranno di agitare le acque all’interno della maggioranza.

Fini ha detto, senza particolare originalità, ma come premessa necessaria, che “ci sono tutte le condizioni per una legislatura costituente”, tema già espresso da Schifani assumendo la presidenza del Senato.

Quindi il dialogo è possibile: “Se si confrontassero le proposte presentate da maggioranza e minoranza all'inizio di questa legislatura, sarebbe molto più facile trovare punti di convergenza, rispetto ai punti di divergenza”: tesi molto teorica, poco politica.

Ma ecco un primo punto interessante quando fini dice che alla ripresa dei lavori parlamentari, insieme al federalismo fiscale, il parlamento dovrà occuparsi della riforma del bicameralismo e di un intervento sulla seconda parte della Costituzione. Eppure, solo pochi giorni fa, Berlusconi ha citato: riforma della giustizia, federalismo fiscale e legge elettorale. Di riforma della Costituzione, come detto anche da Calderoni, si parlerà all’inizio del 2009. Ma a Fini, evidentemente, questa agenda non va bene. Così ha dato forma a quello che si dice: Berlusconi ha avuto la riforma della giustizia, la Lega ha avuto – o sta per avere – il federalismo fiscale, e An vuole la riforma della Costituzione.

Fini ammette che esista una questione giustizia, molto sentita anche nella società, ma invita la politica a smetterla di avere una visione unilaterale su questo tema perché le prossime riforme dovranno occuparsi di più delle esigenze dei cittadini. Come a dire: An voterà la riforma della giustizia, ma senza particolare entusiasmo.
E qui arriva una stoccata a Fi: per quanto riguarda la riforma del Csm, auspicata da Schifani, Fini dice che, “pur non volendo polemizzare con lui, per una questione di correttezza” sarebbe meglio parlare di Csm anzitutto con il suo presidente che è il Capo dello Stato
Quindi affronta il tema del federalismo fiscale che, a suo giudizio, deve essere “solidale ma anche autenticamente nazionale”. Affermazione in grado di allarmare la Lega. Poi Fini s’inoltra in un percorso veramente difficile. Dice che “un presupposto del federalismo deve essere un assetto istituzionale che veda il territorio più protagonista”, poi afferma che bisogna tenere conto del fatto che “il nostro territorio, purtroppo, non è omogeneo'per cui “il federalismo ha senso se è tale da garantire tutti i territori”. Conclusione: “è inevitabile prevedere che in una prima fase vi sia da parte dello Stato, o meglio della Repubblica, un intervento per eliminare le sperequazioni”.

Da quasi 150 anni esiste una insanabile sperequazione. Detto in parole semplici, tra regioni del nord e del Sud. Sostenere che il vero e proprio federalismo si potrà fare quando queste sperequazioni non ci saranno più, significa rinviarlo alle calende greche.

Vedremo che cosa dirà la Lega. Perché, se prese alla lettera e interpretate alla lettera, le parole di Fini sbarrano la strada al federalismo fiscale.

Fini sembra consapevole che, ancora una volta, le riforme costituzionali non si faranno perché dice che, pur essendoci in questa legislatura le condizioni per farle, bisognerà affrontare alcune questioni, altrimenti “sarebbe difficile, quando si torna alle urne, spiegare perché non si è messo mano ad una modifica del sistema bicamerale perfetto” o ancora perché non si è intervenuti sul federalismo e in particolare sulla seconda parte della Costituzione.

Ciò significa che a Fini sta a cuore anzitutto la riforma complessiva della Costituzione – anche solo la Parte II – e non crede che si possa fare il federalismo fiscale, pur graduale, senza avere messo a posto il quadro istituzionale che lo deve recepire. Il che, a nostro avviso, è corretto. Ma la Lega vuole il federalismo fiscale e gli articoli che si leggono in questi giorni sulle Regioni “buone”, che dànno più di quanto ricevono, e su quelle “cattive”, che prendono più di quello che dànno, non è un segnale rassicurante.

La vera questione è che nella maggioranza, come nell’opposizione, non ci sono idee chiare sulla riforma della Costituzione e c’è un partito trasversale contro la riforma stessa.

(da GRRG.IT del 30/07/08)

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