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IL FEDERALISMO SARÀ UNA COSA SERIA?

Ultimo Aggiornamento: 25/07/2008 09:32
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25/07/2008 09:32

di Alessandro Corneli

Può darsi – ma questa è solo un’ipotesi non suffragata da elementi – che Berlusconi abbia lanciato il suo affondo sulla giustizia non solo per motivi personali, e non solo – cosa più importante – perché l’Italia ha urgente bisogno che sia riformata, ma anche per concentrare le energie della maggioranza su questo tema e allontanare l’altra grande riforma, quella del federalismo. L’unico indizio potrebbe essere che Berlusconi non se ne è mai occupato, limitandosi a citarlo; ma è anche vero che su questo punto può avere lasciato carta bianca a Tremonti che è l’anello di congiunzione con la Lega.

Se questo è vero, si spiega perché la Lega abbia quasi di colpo puntato i piedi e imposto, almeno, un’iniziativa parallela: riforma della giustizia e riforma federale di pari passo.

Il federalismo significa due cose: poteri e soldi. I poteri riguardano le materie su cui le autorità locali possono disporre in piena autonomia: l’istruzione, la sanità, la polizia: il catalogo è più o meno aperto. Ma quello che conta sono i soldi, che escono dalle tasche dai cittadini sotto forma di tasse di vario genere. Soldi che vengono prodotti sul territorio delle Regioni, che finora sono confluiti in massima parte allo Stato (centrale) e da questo ridistribuiti alle Regioni. È quasi superfluo ricordare che, a grandi linee, il Nord produce più ricchezza e una parte di essa viene trasferita al Sud. È storia vecchia, che avrebbe dovuto avere un lieto fine, cioè il pieno sviluppo del Sud. Così non è stato e a metà degli anni ’80 sorse il movimento leghista con questo preciso obiettivo: i soldi prodotti dal Nord non possono perdersi al Sud. Ovvero, i soldi devono beneficiare soprattutto coloro che li producono: migliori scuole, migliori infrastrutture, migliore sanità, ecc.

Mezzo secolo di travaso di risorse ha tenuto in piedi, e unito, il Paese e, qualunque cosa dica il Nord, anche il Nord se ne è avvantaggiato: non tutto ciò che defluiva dalle sue Regioni restava al Sud, in parte tornava al Nord, che comunque usava il Sud come mercato. Ma con questi ragionamenti non si finisce da nessuna parte.

Il punto è che un Paese di 60 milioni di abitanti, a oltre 60 anni dalla fine della guerra, non è riuscito, pur essendo territorialmente limitato, a unificarsi sul piano economico e sociale, troppo diversi sono i livelli di vita e, purtroppo, molta criminalità organizzata, un tempo limitata al Sud, ha conquistato il Nord.

Sul banco degli imputati ce un solo soggetto: la classe politica, più di sinistra e di centrosinistra che di destra o centrodestra, se si guarda a tutto il periodo e ai tempi e luoghi di predominio dell’uno o dell’altro schieramento a livello centrale e locale. Il primo impulso della Lega fu proprio questo: di contrapporsi a un intero e lungo modo di governare. Con un progetto: quello federale, che adesso è arrivato al punto nodale. Riguarda i poteri o i soldi? In realtà riguarda entrambi, ma il punto è su dove cade l’accento.

Certo, se si danno più poteri, si devono dare anche più soldi. Ma si soldi disponibili sono a somma zero: se ne vano più da un parte, significa che ne vanno meno dall’altra. C’è una variante in questa logica: si dice che con il federalismo ci sarà più dinamismo, più sviluppo e quindi più soldi anche se, forse, i più veloci diventeranno ancora più rapidi. Questa è però una tesi, una promessa, una speranza. Anzitutto l’affermazione federalismo=sviluppo è un po’ come risolvere la questione se viene prima l’uovo o la gallina. Se la crisi economica, non solo italiana, dura un po’ troppo a lungo, e se su questa crisi si innesta il federalismo, non è sicuro che questo acceleri lo sviluppo di tutto il Paese. Le distanze potrebbero aumentare e allora si entrerebbe in una nuova serie di rischi.

C’è poi da considerare un altro aspetto. Lo Stato, sub specie di Pubblica amministrazione, e non da adesso, è sotto attacco. Che lo Stato non funzioni quanto dovrebbe è noto, ma la soluzione federale non funzionerebbe se portasse alla cancellazione e demolizione dello Stato. Essa ha bisogno di uno Stato, con poteri e soldi ridotti, ma più incisivo ed efficiente in quello che gli compete (nelle competenze che gli resteranno). Di questo nuovo Stato pochi parlano. Lo Stato, a poteri diffusi o ristretti, deve poter contare su un corpo di ottimi dirigenti e dipendenti, non sugli scarti.

Abbiamo voluto lanciare qualche riflessione sul federalismo. Ci torneremo sopra.

(tratto da GRRG.IT del 25/07/08)
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