Meglio una pillola che fare sport
Italiani, popolo di pigri e sedentari
Meglio ingurgitare pillole e medicine piuttosto che fare la quotidiana fatica di un’ora di corsa o di bicicletta. La pensa così quasi metà della popolazione italiana: il 41% dei nostri connazionali è infatti refrattario all’attività fisica: insomma siamo 30 milioni di pigroni contro 17 milioni di sportivi a vario titolo. Ma c’è di più: il 95% è un convinto sostenitore dell’uso dei farmaci, mentre solo il 18% crede ancora nel potere benefico dello sport e sceglie di impegnarvisi.
Lo spiega Marcello Faina, il medico degli azzurri a Pechino nonché direttore del dipartimento di Scienza dello sport nell'istituto del Coni, che nello stesso tempo avverte: "Chi comincia da zero, non si abbandoni a cuor leggero alla voglia di sport sull'onda delle Olimpiadi e della bella stagione. In agguato per gli sportivi della domenica ci sono infortuni e piccoli incidenti che possono diventare fastidiosi". Senza una minima preparazione fisica, anche una sfida di beach volley fra scapoli e ammogliati sulla spiaggia può finire con strappi, distorsioni, ematomi e altri inconvenienti, curabili in genere con farmaci di automedicazione responsabile (dagli antinfiammatori ai cerotti, alle buste del freddo).
Ma per Faina, il problema sta a monte, ossia nello stile di vita di 25 milioni di italiani sedentari per 11 mesi all'anno. ''Eppure - spiega - oggi tutti sanno che l'attività fisica difende da malattie importanti quali diabete e obesità, cardiopatie e tumori: nella prevenzione del cancro del seno e del retto, ad esempio, il 30% è dovuto alla buona attività fisica”. Secondo il medico dello sport, in Italia c'è un deficit di informazione, a cominciare dalle scuole, dove l'educazione fisica non può essere relegata a due ore la settimana. E' vero che più del 60% dei bambini fra 9 e 11 anni oggi fa sport, ma è anche aumentato di 5 volte, negli ultimi 50 anni, il tempo che questi bambini passano seduti, davanti al computer o alla play station. Allora, la sola attività sportiva (3 volte la settimana in piscina) non è in grado di contrastare la sedentarietà dell'intera settimana.
Oltre alla scuola e alla famiglia, anche il medico di base ha una sua quota di responsabilità in questa mancanza di informazione: ''Dovrebbe 'prescrivere' Il movimento come fosse un farmaco. Ma da una indagine su pazienti diabetici, per i quali è molto importante fare attività fisica, è emerso che se la loro fidelizzazione sul farmaco è del 95%, quella sul movimento è solo del
17%. Significa che per un po' lo fanno, poi smettono”. Al contrario, Faina cita un'altro studio svolto in una cooperativa sociale di anziani, a cui fu “somministrata” una banale attività fisica per due mesi: al termine non erano migliorati solo i parametri fisici dei soggetti, ma anche la loro autostima perché si sentivano più in forma e persino più belli.
(da TGCOM.IT )
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